Per crimini contro la natura ci riferiamo a tutte quelle iniziative che, in ottica di profitto economico, comportano un’appropriazione indebita e illegale di risorse naturali o il danneggiamento delle stesse per lo svolgimento di attività illecite come, ad esempio, il traffico di rifiuti tossici e la deforestazione illegale. Un traffico che coinvolge tanto specie animali, principalmente attraverso il fenomeno del bracconaggio, quanto specie vegetali.
Per semplificare, usando le parole della Commissione Europea, sono quegli “atti che causano o rischiano di causare inquinamento dell’aria , del suolo o del sottosuolo”.
Queste attività generano profitti che raggiungono i 213 miliardi di dollari all’anno: si tratta del quarto mercato criminale al mondo in termini di “valore”. A offrire dati su questi crimini è stato l’ufficio Drugs and Crime (droghe e crimini) delle Nazioni Unite, attraverso il World Wildlife Crime Report: un rapporto annuale che illustra le tipologie di attività e i danni che queste comportano per l’esistenza di specie animali e vegetali e per la biodiversità del pianeta.
L’analisi dell’Ufficio delle Nazioni Unite ha evidenziato, attraverso un’analisi di 164.000 sequestri in 164 paesi, il trattamento illegale di 7000 diverse specie, catturate, uccise e trasformate per commercializzazione illegale in diversi settori, fra i quali la moda (basti pensare all’utilizzo di pelli e avorio) e l’arredamento (con l’impiego di piante e alberi in via d’estinzione).